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Presidente Antonio Gozzi, quarta sconfitta consecutiva e ultimo posto in classifica.

“Io non mi arrendo. Stiamo vivendo un momento di grande difficoltà, ma vi assicuro che il nostro DNA di combattenti ci porterà a lottare sino alla fine. Non posso accettare che si alzi bandiera bianca a quindici partite dalla conclusione del torneo. Nella scorsa stagione il Cosenza si è salvato con un finale straordinario: ha  ottenuto 8 vittorie, 2 pareggi, 5 sconfitte. Serve un’impresa, ma in passato abbiamo dimostrato di saper raggiungere traguardi insperati”.

 

Come invertire la rotta?

“Bisogna crederci e non lasciare nulla d’intentato e per questo tutte le componenti devono impegnarsi al massimo: dirigenza, tecnico e calciatori. Guardo i numeri, che non mentono mai: l’anno scorso in questo momento del campionato due squadre che poi sono retrocesse avevano 33 e 29 punti. La serie B si decide a marzo e aprile”.

 

Nell’ultimo mercato tutti si aspettavano che arrivasse una prima punta in grado di garantire un certo numero di gol.

“Era il desiderio di tutti noi dare a mister Vivarini un’alternativa in più per l’attacco. Ma il mercato di gennaio è molto difficile  :  abbiamo  ricevuto alcuni no, ad iniziare da Iemmello, altri giocatori erano indecisi, qualcuno si è pure preso  gioco di noi come Ninkovic, ma forse col senno di poi non è stato un male. Alcuni venivano solo per l’aspetto economico e queste persone non facevano al caso nostro. Ci assumiamo la responsabilità di quanto fatto. Credo molto comunque in Capello, Dragomir e Marcucci, e sono certo che Vivarini saprà utilizzarli al meglio”.

 

La questione De Luca?

“Beppe aveva una interessante proposta da una società di serie B. Ha deciso di non accettarla per terminare la stagione a Chiavari, e per noi si tratta di una risorsa preziosa. A volte in allenamento va un po’ sopra le righe e finisce ‘in fuorigioco’ .

Ma con il mister si è chiarito, e gli ho parlato anche io : tiene  tantissimo alla causa e sarà un’arma importante in questo finale di stagione”.

 

Tante critiche nei confronti di Matteazzi e Superbi.

“Io non sono social, ma mi raccontano di critiche anche dure nei confronti dei nostri direttori e non sono d’accordo. Questo management è lo stesso che ha portato l’Entella in serie B partendo dall’Eccellenza. Sono gli stessi dirigenti che hanno creato una struttura societaria di assoluto livello che molti presidenti mi invidiano e ci hanno permesso di vedere giocatori del calibro di Caputo e Zaniolo, per citarne solo due. Matteazzi e Superbi sono persone con un grande attaccamento alla causa, dirigenti seri e onesti. Poi ovviamente si commettono degli errori, ma questo avviene in tutti gli ambiti lavorativi. All’Entella non funziona come in molte altre società: io non  cambio la mia squadra,  composta da loro e da tutti i titolari delle diverse aree, in nome solo del risultato sportivo. E comunque il responsabile principale di ogni decisione sono io,  e come sempre quando le cose vanno male  me ne  assumo tutto il carico”.

 

E’ più deluso o amareggiato?

“Né l’una né l’altra : nella mia vita sono stati certamente più numerosi i momenti difficili rispetto a quelli in cui tutto andava in discesa. In questi frangenti ci vuole unità e coraggio per superarli e l’ho ribadito anche alla squadra”.

 

Ai tifosi cosa vuol dire?

“Credo sia giusto ribadire la missione che la mia famiglia sente nei confronti della  Virtus Entella. Per noi gestire un club calcistico significa solidità nel tempo, ed  essere orgogliosi del senso di appartenenza che accomuna tutte le figure del nostro organigramma. Per noi è già importante esserci,  nel calcio che conta, condividere i nostri valori con persone vere e uomini di spessore prima che dirigenti, allenatori o giocatori. Per noi fare calcio significa far crescere i giovani del vivaio, portarli  in prima squadra se possibile , ma anche, e questo sempre, formarli per la vita”.

 

Pochi presidenti userebbero questo metro.

“L’Entella andrà sempre controcorrente in questo senso. Noi vogliamo  usare il calcio come tessuto connettivo di un territorio, come cassa di risonanza per aiutare i più deboli, per sostenere eccellenze come il Gaslini, che scende in campo con noi in ogni gara : la vittoria più bella. A noi piace creare un legame forte con i tifosi che credono in noi e con le aziende che ci sponsorizzano, tutti membri insostituibili della nostra idea di  Entella. Questo è il modello della nostra società e specie oggi che  il calcio sta combattendo per la sua sopravvivenza, sono convinto che sia l’unica strada da percorrere. Rispetto ovviamente anche chi  tra i nostri tifosi non la pensa così, ma io non cambierò idea”.

 

Ovviamente questo non deve essere un alibi in caso di sconfitta.

“Assolutamente no, anzi non permetterò a nessuno di non dare il cento per cento, ma le nostre parole d’ordine devono continuare ad essere competenza e programmazione, passione e equilibrio, senza riserve. Perché mai come in questo momento io e la mia famiglia siamo impegnati nello sforzo continuo di  garantire un sereno e proficuo futuro alle nostre aziende e proteggere tutti i nostri collaboratori. E voglio aggiungere una cosa”.

 

Prego.

“Se quel 16 settembre 2007, giorno della mia prima partita da presidente dell’Entella, avessi profetizzato per la nostra società sei anni di serie B tutti mi avrebbero preso per pazzo. So che molti tifosi, quelli veri, la pensano come noi e per questo ho la certezza che la nostra Entella non resterà mai sola”.